L’importanza della formazione e la dieta cremosa di Idea Flavor raccontate da Emanuela Ravaioli - Idea Flavor

L’importanza della formazione e la dieta cremosa di Idea Flavor raccontate da Emanuela Ravaioli

Come hai conosciuto Idea Flavor?

“Ho sempre lavorato come dietista per l’ASL della Romagna sulle problematiche legate alla nutrizione.
Il primo contatto con Idea Flavor è avvenuto tramite Andrea Vorabbi che desiderava informare gli operatori dell’ASL in merito a un nuovo tipo di alimentazione cremosa e morbida. L’idea iniziale era partita da Gabriele, chef e gestore di un albergo a Rivazzurra, che si era trovato di fronte alla necessità di preparare cibi a consistenza morbida per il figlio di un ospite il quale non poteva deglutire cibo solido. Sebbene non in via ufficiale, l’invito di Andrea mi aveva incuriosita e per questo mi recai presso il ristorante dell’hotel per rendermi conto di cosa si trattasse. 
Gabriele aveva preparato dei piatti con l’intenzione di farceli vedere per apprezzare la cura nella preparazione, il bell’aspetto della pietanza presentata e poi per farceli assaggiare. 
In quell’occasione, sempre in via non ufficiale, mi proposi di calcolare il valore calorico e nutrizionale delle varie ricette. Si trattava di valutare l’apporto di proteine, zuccheri, grassi e vitamine dei piatti che di volta in volta Gabriele ci proponeva. Le persone che facevano parte del progetto mi piacevano per la filosofia e il senso umano della loro iniziativa.
Andai a casa quella sera con la sensazione di aver appreso qualcosa di nuovo e utile, qualcosa che avrebbe potuto fare la differenza.
La collaborazione con Idea Flavor riprese alcuni anni dopo, nell’ambito del progetto “Lavoro di cura” gestito dalla ASP del Rubicone e rivolto ai caregiver e agli assistenti familiari.  Tra gli argomenti trattati c’era naturalmente il tema della disfagia e quindi pensai di coinvolgere Andrea, Maurizio e Gabriele per illustrare come la dieta cremosa la si possa rendere anche appetibile, con un aspetto che sia invogliante. 
Con questo scopo, nel maggio 2019 è stato organizzato insieme a Idea Flavor  un laboratorio di cucina per preparare i pasti cremosi con addensanti naturali”.

Come si è evoluta nel tempo la modalità per il trattamento della disfagia ?

La formazione ha svolto un ruolo molto importante nel permettere ai caregiver di apprendere nuove tecniche di preparazione dei pasti. Fino a qualche anno fa l’alimentazione per un disfagico era prevalentemente vista come la presentazione di un ‘pappone frullato’ dall’aspetto e, probabilmente, dal sapore poco invitante. La modalità di preparazione dei piatti così come veniva proposta da Idea Flavor ha certamente permesso di compiere notevoli passi avanti per migliorare la qualità della vita delle persone interessate dal sintomo della disfagia”.

Ricordi un caso particolare in cui, grazie a questa modalità di preparazione delle ricette, siete riusciti a migliorare la qualità della vita di una persona?

Ricordo una coppia di anziani, moglie marito. Lui era visibilmente denutrito in quanto aveva forti difficoltà ad alimentarsi e a deglutire. Tossiva sempre quando cercava di ingoiare. Ricordo che non voleva accettare il fatto di dover cambiare le abitudini alimentari di una vita e che questa cosa lo rattristava fino alle lacrime. 
Ho quindi proposto di assaggiare una pietanza morbida preparata secondo la modalità di Idea Flavor  e di concentrarsi quindi sul sapore, spiegandogli che modificare la consistenza del cibo non significava renderlo meno buono o meno bello da vedere. 
La preparazione delle ricette non consisteva infatti nel frullare semplicemente gli ingredienti tutti insieme, ma renderli omogenei separatamente gli uni dagli altri per poi essere ricomposti in maniera invitante”.

Nel tempo c’è stato un aumento del problema della disfagia?

Non direi. Il problema della disfagia c’è oggi come c’è sempre stato. La differenza rispetto al passato è che oggi c’è una maggiore conoscenza del sintomo ed una più diffusa informazione, grazie anche ai laboratori formativi volti a educare i familiari e i caregiver a riconoscere i segni della disfagia”.

Secondo te c’è un’adeguata sensibilizzazione dell’opinione pubblica rispetto al tema della disfagia?

Se non sei dentro al problema o non hai familiari per cui sei a contatto con chi soffre di disfagia è difficile che questo tema susciti un interesse particolare. 
Per quanto mi riguarda, ho ancora negli occhi l’immagine e le lacrime dei due anziani di fronte alla difficoltà di una cosa apparentemente così semplice: deglutire. Il problema in questo caso a noi risulta evidente.
C’è da dire anche che ci sono molti bambini con serie difficoltà a deglutire o che hanno una nutrizione completamente artificiale, ma spesso un genitore si rifiuta di accettare questa condizione e vuole preparare autonomamente il pasto al proprio figlio. 
Purtroppo senza avere una adeguata formazione, ciò è molto difficile e si possono correre dei rischi”.

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